Recensione film La guerra dei mondi


OLTRECHE' un'efficace macchina da spettacolo (chi ne dubitava?), il film con cui Steven Spielberg ha invaso l'estate cinematografica mondiale è un saggio su quanto il tempo cambi le cose. Rispetto all'edizione "cult" del romanzo di H. G. Wells diretta nel 1953 da Byron Haskin, è cambiata - ovviamente - la qualità degli effetti speciali, che ora esaltano la verosimiglianza della fantasticheria paranoide a livelli stratosferici. Ma questo è il meno. Sul piano sociologico, cambia l'assortimento dei personaggi: al posto dell'uomo e della ragazza, un padre e due figli: proiezione dell'ossessione epocale per il mutamento dei rapporti famigliari. Cambia, fino a ribaltarsi, l'immaginario di Steven, prima popolato di teneri E. T. con cui avere incontri ravvicinati, ora di "visitor" repellenti e distruttivi. Analogo discorso per i terrestri: se quelli del giovane Spielberg erano fiduciosi e solidali, nella Guerra dei mondi ce li ritroviamo massa imbarbarita, vile ed egoista. Chissà che è passato, nel frattempo, per la testa del regista? E poi: è davvero il caso di fare gli esegeti di fronte a un film volutamente semplice, che ha per fine l'emozione (e la cassetta) come i pop-corn movie del sabato? Un film che si può legittimamente guardare proiettandoci dentro le paure del momento (oggi il terrorismo, nel '53 lo spettro della guerra fredda), ma che in fondo è soprattutto un gran teatro della regressione, cui abbandonarsi per lasciarsi spaventare dai mostri delle fiabe. E farsi salvare da papà.

LA GUERRA DEI MONDI
Regia di STEVEN SPIELBERG
Con TOM CRUISE, DAKOTA FANNING, TIM ROBBINS, MIRANDA OTTO

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