Recensione film La Sposa Cadavere


Meglio, motto meglio stare fra i trapassati. Almeno lì, sottoterra, fra bellezze in via di putrefazione e scheletri che la sanno lunga, ci sono i bei colori accesi della vita, e poi si ride, si beve, si balia, si scherza. Magari qualcuno soffre della nostalgia delta vita che fu, ma insomma che importa: il presente è piacevole e il futuro certo. E il mondo della vita? Al contrario: è grigio e tetro, gli individui che lo governano sono strenui controllori di un ordine sociaLe che distrugge sentimenti ed emozioni, e perdipiù chi trama e imbroglia se la gode: agli altri rimane solo la speranza, sempreché ci sia. La sposa cadavere, ultimo film di Tim Burton a pupazzi animati propone, come il precedente Nightmare Before Christmas, la contrapposizione di due mondi. In Nightmare mostri che scoprivano il Natale e umani che lo festeggiavano; stavolta il mondo dei buoni e simpatici morti e quello dei cattivi e antipatici vivi. Con due sole eccezioni, tra i vivi: Victor e Victoria. Promessi sposi, dolci e sensibili, sono in balia della crudeltà del mondo, di quello terreno soprattutto. Fra i due mette il dito, o meglio J.’ossuta falange la Sposa cadavere. La quale, poverina, ha un personale dramma da riscattare nella terra dei vivi, e dunque si porta sottoterra lo sposo promesso (alla vivai. Come il film, ambientato in un villaggio europeo del diciannnovesimo secolo, trovi il suo epilogo non lo rivelerò neanche morto: però forse dalle premesse ci si poteva aspettare un finale più cattivo e diabolico. Per il resto il film è una raffinatezza continua, uno spettacolo, una meraviglia. D’altra parte quella per i film di pupazzi è per Tim Burton una vera, grande passione. Perfino quando era alla Disney era riuscito a far passare alcuni suoi progetti in materia. Ricordo i mormorii di sorpresa quando al festival di Annecy, vent’anni fa tutto consacrato all’animazione d’autore, apparve la scritta “Walt Disney presents”. Che diamine accade? Come si permettono? Poi sullo schermo arrivò un pupazzo e dagli altoparlanti La voce di Vincent Price a raccontare la storia di un ragazzino che amava quello che faceva paura, insomma tutto ciò che aveva a che fare con t’orrore, con il mistero e dunque anche con l’aldilà. Il cortometraggio si intitolava Vincent. Evidentemente, e per nostra fortuna, Tim proprio non ce la fa a staccarsi da questo mondo, nonostante tutti i suoi successi come regista di film live. E la sua passione animata si esprime particolarmente con questi pupazzi, statuine meravigliose che, con l’aiuto di bravi animatori, si muovono, agiscono e parlano come i migliori attori del mondo. Oggi che il disegno animato tradizionale sta abdicando in favore del computer 3D, ci pensano Tim Burton e quelli dell’Aardman (con le loro galline o i Wallace and Gromit di plastilina) a dimostrare che l’animazione di successo sta anche altrove. Pensate poi che strano: quando Tim Burton stava lavorando a Mars Attacks! fece fabbricare i marziani da lan McKinnon e Peter Saunders, i più famosi costruttori di pupazzi del mondo (con sede a Manchester), e cominciò a studiare le scene con alcuni maestri dell’animazione inglese. Dopo qualche settimana contrordine. Si chiude tutto, e la lavorazione dei marziani si fa negli Usa. Col computer, ovviamente. Costa meno e viene meglio. Sembrava la fine di un’epoca. E invece no. Eccoli qui McKinnon e Saunders a costruire i pupazzi, bellissimi, della Sposa cadavere (esposti anche al Festival di Venezia). Una differenza sostanziale rispetto ai personaggi di Latex usati per Nightmare: in quel caso gli animatori avevano a disposizione centinaia di teste diverse che posizionavano sul collo a seconda dette espressioni e del movimento delle labbra. In questo caso, invece, le espressioni sono realizzate grazie a complicati meccanismi che si muovono sotto la pelle del viso dei personaggi. La pelle è fatta di silicone, e perciò si sporca facilmente di polvere: questa era una bella grana per chi passava la giornata a farla muovere. Comunque, alla fine, la polvere che non ci doveva essere non si vede affatto. Tutto è perfetto (poi di questo riparliamo). Tim si è affidato a un regista sul campo: Mike Johnson, animatore di Nightmare. «Il mio compito è stato quello di mostrare a Tim quello che lui voleva vedere, e di scegliere le soluzioni giuste ai tanti problemi che si presentavano», ha dichiarato. Si riferisce ovviamente alla fase di produzione, in cui il film veniva ripreso (con telecamere digitali). Perché prima, in pre-produzione, il. lavoro era stato lungo ed accurato, con il designer Carlos Grangel e gli altri dello staff (in testa Burton, ovviamente) a definire inquadrature, stacchi, movimenti dei personaggi. Con il film in produzione c’erano già le voci originali (un cast fenomenale: Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Emity Watson, Tracey Ullman, che hanno il toro nome nei titoli di testa) e le canzoni musicate da Danny Elfman. Qualcuno nel mondo dell’animazione si è lamentato perché Tim Burton - che per la storia si è ispirato ad un racconto tradizionale russo — ha riconosciuto un certo debito al folklore messicano ma non, più apertamente, a un cortometraggio che 4 anni fa è stato realizzato a Città del Messico. Firmato da René Castillo, Hasta los huesos, di undici minuti, narra la disavventura di un tipo che viene portato a forza nel regno dei morti: un night club in cui scheletri e freschi cadaveri se la spassano alla grande. Anche questo fatto, oltretutto, con i pupazzi. Cose che capitano. Quello che invece ci siamo chiesti dopo La visione del film di Burton è se la perfezione assoluta non possa tramutarsi in paradossale difetto. È tutto così impeccabile, tutto così senza macchia e senza polvere, tutto così giusto”, che dopo averlo visto si potrebbe rimanere senza emozioni. Davvero: tramortiti. - Fonte XL -

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