Biancaneve sniffa cocaina sulle felpe Pusher

Biancaneve sniffa cocaina sulle felpe Pusher

Biancaneve sniffa cocaina sulle felpe Pusher

Biancaneve esce dal cartone animato e finisce con le labbra a cuore e le guanciotte tonde a tirare cocaina su una felpa che, a 99 euro, fa il boom di vendite a Pescara. E si appresta a replicare il successo a Roma, Milano e Bologna. Non è la prima volta che succede, in Italia: il brand di orrore ha toccato vette insuperabili con il manichino dello zio Michele, lo sventurato Misseri della tragedia di Avetrana, con tanto di gilè, cappellino e corda in mano nella vetrina di un negozio di abbigliamento per bambini nel rione Sanità di Napoli. Silio Pellegrini, 35 anni, titolare del marchio Pusher e gestore del negozio pescarese: «Voglio capire cosa piace alla gente, e ci sono riuscito». Nel negozio ci sono adolescenti accompagnati dalle mamme, e nessuna fa obiezioni davanti a Biancaneve, o a Batman che tira coca in compagnia del nemico Joker, o a un inedito Pusherman con il mantello di Superman e i pantaloni un po’ calati. Al primo impatto le maglie fanno un certo effetto. Pellegrini non si scompone. «Questi capi ironizzano su un problema di grande attualità». E indica una scritta sulla parte posteriore delle felpe che dice: «Siamo contrari all’uso e allo spaccio di stupefacenti. Nell’ultimo anno i decessi per droga sono stati 34mila. Tutto questo è soprattutto questione di moda. La nostra moda non uccide». Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, si è detto sconcertato da questo singolare business: «Tutta l’attività di educazione e informazione portata avanti dalle famiglie ma anche dalle scuole, l’uso di messaggi mediali, il lavoro svolto capillarmente, tutto viene banalizzato da messaggi ambigui, come quelli riportati su queste magliette». Replica Pellegrini: «Io non devo vergognarmi di niente. Il problema dell’Italia, soprattutto in questi tempi, non è il marchio Pusher. Con questa crisi economica dovrebbero piuttosto vergognarsi i politici». © R.Cian

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